Riattivare il futuro di Roma

Riattivare il futuro di Roma

Riattivare il futuro di Roma

Un articolo pubblicato su il Post qualche settimana fa si domandava "dove va Roma" e nel farlo citava un altro articolo, scritto nel 2002:

C’è stato un momento, non molti anni fa, in cui Roma era Milano e Milano era Roma. Nel senso che Roma era la città accogliente, vivace, vivibile, funzionante, di moda; mentre Milano era la città in declino, impaurita, corrotta. Si leggeva su Repubblica nel 2002: «La città, finita la sua grande stagione industriale, sembra vivere in una sorta di eterna ordinaria amministrazione, in cui un giorno si insegue il problema delle periferie, il giorno dopo quello del traffico nel centro storico, e il giorno dopo ancora quello dei cartelli stradali. Ma si continua a rifiutare lo sforzo per definire la città, per definire il suo futuro. E quindi per fare gli investimenti necessari. E quindi, nonostante l’orgoglio e il talento dei suoi abitanti, Milano continua a essere la capitale di niente. La capitale di se stessa, cioè di un insieme di persone che non riescono a dare una definizione del luogo in cui vivono». Se oggi sostituite “Roma” a “Milano”, funziona lo stesso.

Oggi Roma attraversa uno dei momenti e dei punti più bassi raggiunti nella sua storia recente. Ma è in questo momento che dobbiamo fare lo sforzo enorme di ridefinire il futuro della città.

E lo dobbiamo contemporaneamente però a una serie di brutali prese di coscienza, anzitutto dei limiti della città, dei suoi nodi irrisolti e incancreniti negli anni. Una consapevolezza conseguente alle inchieste della magistratura, ma anche al lavoro della passata amministrazione, che - con tutti i suoi limiti - ha anche negato qualsiasi copertura a prassi e pratiche consolidate del recente, o meno recente, passato, iniziando a smontarle una a una, fin dove è riuscita ad arrivare e ha potuto. Prassi e pratiche concausa di questa drammatica situazione.

Il PD da che parte sta

Dobbiamo definire il futuro della città, chiamando alla discussione tutto il partito e poi spiegando ai cittadini, in un momento così delicato e in una situazione così complessa, sulle tante questioni, il PD da che parte sta.

Io vi dico la mia, ma certo avrei voluto un luogo dove discutere, prima della campagna elettorale. Il PD a Roma deve stare:

  • dalla parte del rispetto delle regole, perché le regole tutelano i più deboli (e se sono sbagliate si cambiano con gli strumenti democratici);
  • dalla parte delle battaglie alle piccole e grandi rendite di posizione che soffocano la città, anche quando potrebbero riguardarci;
  • contro i poteri forti quando si ritagliano nicchie di monopolio e non si sfidano nelle competizioni del libero mercato;
  • dalla parte della manutenzione della nostra città pubblica, la vera grande opera pubblica di cui abbiamo bisogno, sapendo che questo significa non uno stanziamento una tantum, ma un flusso costante di cassa ogni anno sui bilanci;
  • dalla parte di chi fa tutte queste battaglie sapendo che si tirerà addosso campagne diffamatorie di un buon pezzo della stampa locale.

E poi ci sono poi due questioni urgenti ed indifferibili, preordinate a qualunque ragionamento sullo sviluppo della città: la riforma dell'architettura istituzionale e la conseguente riforma della macchina amministrativa.

Le riforme per il Governo della Capitale

La città oggi è ingovernabile (al di la dei limiti e dei meriti di chi la governa), perché gli strumenti di governo non sono adeguati a una metropoli di 3 milioni di residenti e, di fatto, oltre 4 milioni di abitanti/fruitori (sono più di 600.000 solo i pendolari che tutti i giorni vengono a lavorare a Roma).

I numeri della città rendono anche il più banale dei servizi una questione complessa, ma abbiamo ancora la forma e gli strumenti di un comune di qualche migliaio di abitanti.

Abbiamo 4 livelli istituzionali: la Regione, l'Area Metropolitana, il Comune, i Municipi. E abbiamo in corso diversi processi di riorganizzazione e ridistribuzione di poteri, funzioni e risorse: un caos eterogeneo che rischia quotidianamente di produrre la paralisi o la schizofrenia.

Deve essere il Partito Democratico a intestarsi questa sfida di riforma dell'assetto istituzionale della Capitale, e lo deve fare con gli stessi ritmi e la stessa urgenza che sono stati imposti alla discussione su altre riforme istituzionali.

Ci sono numerosi deputati che hanno già lavorato e formulato varie proposte: diamoci dei tempi serrati, degli obiettivi chiari e delle scadenze da rispettare. Roma Capitale è questione nazione, anche solo rimanendo ai suoi numeri: Roma con i suoi 3 milioni di abitanti è un ventesimo della popolazione del paese, numeri paragonabili a quelli di una regione, e inoltre svolge funzioni uniche a livello nazionale. Non possiamo permettere che una regione del paese con il suo ruolo peculiare non abbia gli strumenti adeguati di governo.

E per la macchina amministrativa non c'è tempo per soluzioni ordinarie, la macchina è al collasso ora, e mi sembra che sempre più persone ne stiano prendendo consapevolezza.

Il Comune di Roma è una delle più grandi stazioni appaltanti del centro-sud, più grande di alcuni tra i ministeri:  soprattutto sul tema degli appalti, abbiamo bisogno di risorse preparate da mettere domani mattina al lavoro. Serve un trasferimento straordinario da altre amministrazioni di funzionari e dirigenti, per recuperare l'arretrato e i ritardi. E poi ovviamente una riforma della macchina amministrativa, che richiederà del tempo, che la allinei alle necessità del nuovo modello istituzionale e di una moderna capitale europea.

Per fare tutto questo abbiamo bisogno prima di tutto di vincere e quindi tutto il mio sostegno al candidato sindaco Giachetti. Ma, dal giorno dopo, abbiamo bisogno di affrontare subito e assieme agli altri soggetti istituzionali le due questioni di fondo.

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